Intervista a Luigi Lorrai, presidente del Cr Sardegna Fmsi
Con il 2023, su impulso del presidente del Coni Sardegna Bruno Perra, l'area Comunicazione propone una serie d'interviste ai presidenti dei comitati regionali delle federazioni sportive. È il turno di Luigi Lorrai, presidente del Cr sardo della Fmsi, Federazione medico sportivo italiana.
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Luigi Lorrai, classe 1971, laurea in Medicina e chirurgia nel 2002, specializzazione in Medicina nello sport nel 2005, è presidente del Comitato regionale sardo della Fmsi, Federazione medico sportiva italiana da settembre 2020.
Presidente, da chi è affiancato nel comitato regionale?
Dai miei colleghi Francesco Piras (vicepresidente), Gabriela Puggioni, Carla Ciuti, Pierpaolo De Santis (consiglieri).
Quanti iscritti avete?
Poco più di 100 fra soci ordinari, aggregati e aderenti.
Quali sono ruolo, compiti e attività della federazione?
Sono quelli stabiliti dal Regolamento federale, ovvero: l’assistenza medico sanitaria a favore degli atleti per ogni esigenza di carattere medico e funzionale, indispensabile all’organizzazione sportiva; la sicurezza sanitaria degli impianti sportivi, attraverso delle specifiche linee guida; la promozione di studi e ricerche scientifiche nel campo della medicina applicata all’esercizio fisico e agli sport in collaborazione con enti pubblici e privati attivi in questo ambito; la formazione continua e l’aggiornamento professionale dei propri soci e dei professionisti della salute in qualità di provider nazionale Ecm.
Qualcos’altro?
Si, abbiamo anche l’elaborazione di linee guida e protocolli scientifici costantemente aggiornati negli ambiti d’interesse della Medicina dello sport, anche in collaborazione con altre società scientifiche di branca; l’attuazione d’interventi di prevenzione ed educazione della popolazione sportiva attraverso: la divulgazione dei principi fondamentali di un corretto stile di vita, mediante un’adeguata attività fisica correttamente prescritta, abbinata a una sana alimentazione; tramite la certificazione dello stato di salute per la pratica dell’attività sportiva e la prescrizione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e trattamento di molte patologie oggi diffuse; infine, con la prevenzione e la repressione, nel rispetto delle leggi vigenti e del Codice Wada, dell’uso di sostanze e metodi proibiti.
E all’iscritto cosa compete?
I tesserati devono attenersi al Codice di comportamento etico-sportivo emanato dal Coni. Sono obbligati a svolgere la loro attività nel rispetto dello Statuto e del Regolamento allo statuto, delle norme e dei principi approvati dal Consiglio direttivo federale, delle norme e dei regolamenti del Coni, delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva, nonché delle altre organizzazioni sportive riconosciute dal Coni, nell’ambito delle quali, i medici tesserati svolgono il loro compito. Sono obbligati inoltre a partecipare, con regolarità, all’attività federale, secondo le norme previste dal Regolamento allo statuto.
Qual è la fisiologia e la classificazione delle attività sportive?
L’ultima classificazione riportata dal Cocis 2017 (protocolli d’idoneità all’attività agonistica) propone uno schema semplificato suddividendo gli sport in cinque classi: A, postura o destrezza; B, potenza; C, misto; D, aerobico; E, aerobico-anerobico massivo. Questo sulla base degli adattamenti cardiaci di volume e massa cardiaca dove, in ogni gruppo, va tenuto ben presente un eventuale rischio sportivo intrinseco.
Qual è il rischio sportivo e l’organizzazione dell’assistenza sanitaria in base a esso?
La Fmsi ha evidenziato l’esigenza d’introdurre anche nello sport il concetto di valutazione del rischio definendolo Rischio specifico sportivo (Rss). Esiste un criterio di classificazione in base all’Rss in tre classi: Rss da 0,1 a 1 (sport a basso rischio, quali baseball-softball, atletica Leggera, nuoto, vela, tennis, golf); Rss da 1,1 a 2 (sport a medio rischio, quali pallacanestro, pallavolo, judo, canottaggio, ginnastica, canoa); Rss sopra 2 (sport ad alto rischio, come calcio, motociclismo, ciclismo, sport equestri, rugby, sci alpino).
Esiste un modello organizzativo di gestione delle emergenze sanitarie?
Si, nei protocolli del Pss-D (Primo soccorso sportivo con defibrillatore) della Fmsi viene definito Mogess, e ha come obiettivo la realizzazione, nella struttura ove si svolge l’evento sportivo, di un processo organizzativo atto ad affrontare emergenze cardio-respiratorie e del trauma maggiore (concussione cerebrale, trauma facciale, spinale, toracico, addominale)
Una volta specializzato, il medico sportivo è subito operativo?
Assolutamente sì.
I rapporti tra Fmsi e Università sono sempre più stretti. Com’è focalizzato questo connubio?
Abbiamo un ottimo rapporto con l’ateneo e la scuola di specializzazione in Medicina dello sport. Gli specializzandi possono trovare nella Fmsi numerose occasioni di confronto e aggiornamento tramite i nostri incontri di formazione e noi abbiamo l’occasione di portare in federazione la conoscenza scientifica propria della ricerca universitaria. È un connubio imprescindibile e proficuo.
Come società scientifica accreditata dal ministero, una delle vostre mission è la tutela della salute. Cosa fate per la prevenzione?
La tutela della salute è uno dei principali obiettivi per i quali è nata la Fmsi. Questo obiettivo viene perseguito prima di tutto tramite le visite medico sportive nella certificazione d’idoneità, e anche tramite la prescrizione dell’esercizio fisico al paziente nel quale lo stesso rappresenta una terapia mirata. Senza poi dimenticare la tutela della salute nel Pssd (Pronto soccorso sportivo defibrillato) e nell’antidoping.
Potreste fare di più?
Certo, bisogna sempre pensare a obiettivi più ambiziosi con una pianificazione ragionata. Basti pensare all’antidoping, al rapporto con la scuola, alle assistenze sanitarie per i quali abbiamo carenza di organico.
C’è scarsità di centri pubblici avanzati di Medicina dello sport; cioè, dove non si fanno solo visite d’idoneità ma anche prescrizione di esercizio fisico. Che obiettivi vi state ponendo per migliorare questa situazione?
La risposta è complessa e articolata. Purtroppo, al momento, la presenza dei medici dello sport inquadrati nelle strutture pubbliche del sistema sanitario regionale è confinata a pochi medici e una parte di essi è dislocata nella specialistica ambulatoriale, dove però al momento si eseguono le sole visite d’idoneità sportiva. Nelle strutture pubbliche di Medicina dello sport di Cagliari (Asl Cagliari) e Iglesias (Asl Carbonia) sono stati avviati, da diversi anni, progetti di prescrizione dell’esercizio fisico destinati ai pazienti con patologie cronico degenerative in accordo con le linee guide regionali derivate agli indirizzi operativi dell’assessorato regionale alla Sanità.
Quindi, cosa manca per una reale implementazione e una sua estensione sul territorio regionale?
Il tutto è ovviamente condizionato dall’impiego di un numero superiore di medici dello sport nelle strutture pubbliche. L’obiettivo prossimo è inoltre quello, in accordo con i vari stakeholder, d’indirizzare questi soggetti nelle palestre del territorio in un percorso che ricalchi le esperienze in ambito pubblico, chiaramente rispondendo a precisi requisiti igienico, strutturali e aspetti medico legali e organizzativi severamente regolamentati.
Oltre all’esercizio fisico, un’altra forma di prevenzione è la nutrizione. È un aspetto che trattate nei vostri corsi di formazione?
Certamente. La nutrizione è una materia che fa parte delle competenze dello specialista in Medicina dello sport. Ognuno è in grado di prescrivere piani alimentari personalizzati all’atleta, sia in base allo sport praticato, che in virtù di eventuali patologie che dovesse presentare.
E l’igiene?
Compito del medico dello sport competente in ambito Qis (Igiene e sanità pubblica) è quello di assicurare che l’attività sportiva sia praticata in un ambiente idoneo che garantisca i parametri di sicurezza dal punto di vista tecnico, chimico, fisico, ergonomico e medico e che, pertanto, non si riveli dannosa per la salute dell’utenza. Un occhio di riguardo, inoltre, è rivolto alle attività sportive effettuate da chi versa in condizioni fisiche particolari e che meritano una specifica attenzione come i bambini, gli anziani e persone che soffrono di specifiche patologie.
Parliamo di traumatologia. Infortuni, accertamenti e ripresa dell’attività sportiva.
Il medico dello sport, a seconda dell’esperienza maturata in ambito di specializzazione, può condurre in maniera esclusiva il Ruolo di responsabile sanitario di una società professionistica. Diversi in ambito regionale sono gli esempi, uno su tutti è la realtà del Cagliari calcio. Ma anche a livello dilettantistico diversi colleghi si occupano di traumatologia, riabilitazione e diagnostica per immagini con l’obiettivo di una gestione globale delle esigenze sanitarie dell’atleta agonista nell’ambito dei diversi tipi di sport.
Che rapporti avete con la scuola primaria e secondaria?
I rapporti sono ovviamente avviati da tempo, ma le difficoltà numeriche legate ai pochi medici dello sport presenti, rendono complessa l’organizzazione di manifestazioni di promozione della salute e di cultura sanitaria in maniera strutturata. Pertanto, al momento, le esperienze sono a spot o satellite, ma l’obiettivo è quello di riportare al centro di queste strutture il medico dello sport che, oltretutto, in assenza della visita di leva, rimane il primo presidio di prevenzione nella popolazione in età scolastica.
Un obiettivo a breve?
È quello di operare campagne di formazione sull’uso del defibrillatore e sul primo soccorso sportivo in accordo con gli enti preposti anche in ambito scolastico.
Doping e antidoping. Il primo è sempre una spanna avanti?
La Fmsi, in quanto ente preposto ad assicurare i controlli a fini antidoping, opera in totale sinergia con le altre istituzioni coinvolte per il contrasto e la repressione del fenomeno doping, e ha sempre condotto questa battaglia in aderenza alle normative e ai regolamenti antidoping a dei valori fondanti il movimento olimpico che s’identificano con quelli dell’Agenzia mondiale antidoping (Wada) e dell’Organizzazione nazionale antidoping (Nado Italia). Purtroppo, è sempre stata una battaglia difficile con numerose sconfitte, ma non per questo dobbiamo rassegnarci alla presenza del doping nello sport, anzi, ciò dev’essere di stimolo a moltiplicare i nostri sforzi.